24 settembre 2020

Amministratore di sostegno e decisione sul ricovero in struttura sanitaria                          

Se permane una pur minima capacità di autodeterminarsi della persona soggetta all'amministrazione di sostegno va respinta l'istanza dell'Amministratore di Sostegno volta a inserire il paziente psichiatrico in struttura.

È questa la conclusione a cui è giunto il il Giudice Tutelare presso il Tribunale di Monza, in un recente provvedimento pronunciandosi sul ricorso con il quale l'amministratrice di sostegno aveva chiesto di essere autorizzata al ricovero dell'assistito in struttura.

Il tema è particolarmente complesso e un commento alla decisione non può prescindere da un'analisi della figura dell'amministratore di sostegno sulla quale, a seguito dell'introduzione a opera della Legge n. 6/2004.
La finalità dell'istituto dell'Amministrazione di Sostegno è quella di "tutelare, con la minore limitazione possibile della capacità di agire, le persone prive in tutto o in parte di autonomia nell'espletamento delle funzioni della vita quotidiana".
Casistica, quest'ultima, particolarmente ampia e che ricomprende, tra gli altri, oltre al classico caso delle persone anziane ed affette da diminuite capacità mentali per Alzheimer, gravi infermità o gravi handicap fisici, ma anche disturbi legati alla propensione per il consumo di stupefacenti, alla dipendenza dal gioco e così via.
L'adattamento dell'amministrazione di sostegno alle esigenze di ciascun beneficiario è, poi, ulteriormente garantito dalla possibilità di modificare i poteri conferiti all'amministratore anche in un momento successivo alla nomina, tenendo conto, ove mutassero le condizioni di salute, delle sopravvenute esigenze del disabile.
La Corte di Cassazione (cfr. sentenza n. 22602/2017) ritiene che la volontà contraria all'attivazione della misura di sostegno, ove provenga da persona pienamente lucida (come si verifica allorquando la limitazione di autonomia si colleghi ad un impedimento soltanto di natura fisica) dovrà essere tenuta in debita considerazione.
Pertanto, in tema di amministrazione di sostegno, nel caso in cui l'interessato sia persona pienamente lucida che rifiuti il consenso o, addirittura, si opponga alla nomina dell'amministratore, e la sua protezione sia già di fatto assicurata in via spontanea dai familiari o dal sistema di deleghe (attivato autonomamente dall'interessato), il giudice non può imporre misure restrittive della sua libera determinazione, ove difetti il rischio una adeguata tutela dei suoi interessi, pena la violazione dei diritti fondamentali della persona, di quello di autodeterminazione, e la dignità personale dell'interessato.
Questo è il principio applicato dal Giudice Tutelare del tribunale monzese essendo giunto alla conclusione che non sono sussistenti i presupporti per disporre il ricovero del paziente in un struttura residenziale "contro la sua volontà" in quanto, sottolinea il magistrato, tale soggetto "conserva la sua capacità di autodeterminarsi" al punto da essere stato ritenuto dal consulente del P.M. soggetto processualmente capace, con una residua capacita di intendere e di volere, e che non compie atti tali da porre in pericolo la propria vita, assumendo la terapia a domicilio con accessi periodici presso il CPS per la somministrazione dei farmaci della cui necessità di sopravvivere il paziente appare ben consapevole come dichiarato all'udienza innanzi al giudice tutelare.
Tratto da Studio Cataldi