02 febbraio 2020

Divorzio: niente assegno all’ex coniuge che non vuole trovare un lavoro

Una recente sentenza del Tribunale di Treviso (08/01/2019) in materia di assegno di divorzio ha affermato il principio secondo cui non spetta l’assegno di divorzio al coniuge che è in grado di trovarsi un lavoro. Ma non solo: il giudice ha deciso, altresì, di interrompere la corresponsione dell’assegno percepito in seguito alla separazione, essendo emersa in giudizio una sua inerzia colpevole nel reperire una occupazione.

Il Tribunale non contesta il divario reddituale tra i due coniugi, pur esistente. Tuttavia, ritiene che la donna – che in precedenza si era dimessa dall’attività lavorativa – sia perfettamente in grado di badare a sé e di trovarsi un’occupazione: ha un’età che le consente di reinserirsi nel mondo del lavoro e possiede un titolo di studio facilmente spendibile.

Pertanto, è ravvisabile una sua inerzia colpevole nel reperire un’occupazione. Per tali ragioni non ha diritto all’assegno di divorzio.

Una conclusione che come detto appare in linea e non contrasta con la lettura data in materia di assegno divorzile dalla Suprema Corte nelle più recenti pronunce (tra cui quella a Sezione Unite n.18287/2018 e quella n. 11054/2017; risalendo nel tempo, sulla stessa scia si colloca l’ordinanza n. 24324/2015 che ha negato l’assegno di divorzio alla ex nel pieno delle capacità lavorative e con un reddito proveniente da un canone di locazione di un immobile di proprietà).

Anche l’orientamento di diversi tribunali si sta modificando nel senso di rivedere e circoscrivere la concessione indiscriminata dell’assegno di divorzio al coniuge economicamente più debole, si tratti della moglie o del marito.

La sentenza si richiama ai più recenti principi espressi dalla Corte di Cassazione. L’assegno divorzile si poggia su un principio di solidarietà: non è un atto dovuto. Per ottenerlo non è sufficiente che ci sia un divario economico. La legge impone al coniuge più debole di dare prova in giudizio di aver cercato un lavoro.

Si tiene sempre più in considerazione il mutamento del costume sociale, la maggiore libertà nella scelta matrimoniale di dedicarsi o meno al lavoro; ma se c’è inerzia lavorativa da parte di chi richiede l’assegno il giudice non può riconoscerlo: diventerebbe una rendita parassitaria.

Una conclusione che come detto appare in linea e non contrasta con la lettura data in materia di assegno divorzile dalla Suprema Corte nelle più recenti pronunce (tra cui quella a Sezione Unite n.18287/2018 e quella n. 11054/2017; risalendo nel tempo, sulla stessa scia si colloca l’ordinanza n. 24324/2015 che ha negato l’assegno di divorzio alla ex nel pieno delle capacità lavorative e con un reddito proveniente da un canone di locazione di un immobile di proprietà).

Anche l’orientamento di diversi tribunali si sta modificando nel senso di rivedere e circoscrivere la concessione indiscriminata dell’assegno di divorzio al coniuge economicamente più debole, si tratti della moglie o del marito.