La recente sentenza n. 9479/2023 delle Sezioni Unite della Cassazione ha restituito un barlume di speranza in chi ha la casa all’asta per un debito con la banca o la finanziaria. La Corte ha infatti affermato che se il contratto sottoscritto dal debitore contiene “clausole abusive” è possibile opporsi al pignoramento. Qual'è - in sintesi - la rilevanza pratica della pronuncia in questione?.
Generalmente, le banche - quando poi attivano la procedura esecutiva sull'immobile - agiscono in forza di un contratto di mutuo sottoscritto dinanzi a un notaio. Tale contratto è già “titolo esecutivo”: ha cioè la stessa forza di una sentenza perché consente alla banca di avviare il pignoramento senza bisogno di ottenere prima una condanna da parte di un giudice. Pertanto, quando il cliente non onora le rate del piano di ammortamento, la banca - solo col contratto di mutuo - può notificare al debitore l’atto di precetto che è una intimazione a pagare entro 10 giorni dopodiché può avviare l'azione esecutiva.
Vi sono altri casi, invece, in cui la banca non ha tra le mani un titolo esecutivo e ciò succede quando il contratto di finanziamento non viene sottoscritto davanti al notaio (si pensi a uno scoperto di conto corrente o a un fido). In tali ipotesi, se il cliente non restituisce quanto dovuto il creditore deve richiedere al giudice un decreto ingiuntivo che condanni il debitore a pagare le somme dovute. Il debitore entro 40 giorni può fare opposizione al decreto (se ritiene il debito parzialmente o totalmente inesistente o se sussistono vizi procedurali e /o altre contestazioni). Ma scaduti i 40 giorni, in assenza di opposizione il decreto ingiuntivo diventa definitivo e non può più essere contestato. Questo significa che, se anche ci si accorge in un momento successivo di non dover nulla alla banca o di essere debitori per un importo inferiore o di poter avanzare altre contestazioni è ormai troppo tardi.
La sentenza della Cassazione a Sezioni Unite n. 9479/2023 rileva proprio in queste fattispecie.
Tale pronuncia ha stabilito che, quando il contratto firmato da cui trae origine il credito (ad esempio un mutuo, una fideiussione, un’apertura del credito) presenta clausole abusive, come tali contrarie al codice del consumo e alla direttiva 93/13/CEE, e su dette clausole non v'è stata una presa d'atto da parte di un giudice, il debitore – anche se non ha contestato prima - può bloccare l’asta giudiziaria nonostante l’intervenuta definitività del decreto ingiuntivo. In altre parole, non importa se i termini per l’opposizione sono scaduti: è ben possibile fare opposizione all’asta e bloccare il pignoramento della casa.
Si può sostanzialmente ritenere che dopo la sentenza della Cassazione a sezioni unite n. 9479 del 2023 in tema di nullità delle clausole abusive il consumatore - quale parte più debole della relazione contrattuale - abbia avuto una tutela ad ampio spettro.
Infatti, il significato profondo della sentenza della Cassazione a sezioni unite è proprio quello di riconoscere una salvaguardia estrema al consumatore, per il quale il giudice dell’esecuzione dovrà sospendere la vendita forzata – consentendo così di procedere all'accertamento sulla validità della clausola - anche se il titolo esecutivo su cui essa si fonda sia passato in giudicato.
Il consiglio pertanto è quello di avvalersi di una consulenza professionale anche quando si pensa non sia più possibile far nulla perché l'azione esecutiva è avviata e bloccare l'asta pare impossibile.
Va precisato che la sentenza della Cassazione va a beneficio solo dei consumatori e non anche delle aziende o degli imprenditori. Questo perché la disciplina sul divieto di clausole abusive è proprio rivolta a tutelare il consumatore, persona fisica, che è più indifeso.
Dunque, chi ha contratto un mutuo per il lavoro o per l’azienda non può avvalersi di questo rimedio. Chi invece ha firmato un finanziamento, una fideiussione o un fido per finalità personali, al di fuori dall'esercizio di una professione o attività d'impresa, è tutelato contro le clausole abusive dei contratti e può avvalersi della citata pronuncia della Cassazione.
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