11 aprile 2020
L’emergenza epidemiologica in atto in queste settimane e i conseguenti provvedimenti adottati dal Governo al fine di contrastare e contenere il diffondersi del virus Covid-19 hanno già iniziato ad incidere pesantemente sui rapporti commerciali e privatistici, uno dei quali ad aver assunto particolare rilievo è quello di locazione.
La chiusura degli esercizi commerciali e la sospensione di molte attività produttive ha fatto sorgere il quesito circa la sussistenza di un diritto unilaterale del conduttore di sospendere o ridurre il pagamento del canone di locazione.
Il quesito presenta aspetti di complessità a mio parere limitatamente ai quei contratti di locazione ad uso commerciale e/o industriale per i quali i provvedimenti governativi emergenziali succedutisi in queste settimane abbiano impedito lo svolgimento dell'attività.
Per quelli abitativi, viceversa, non si è in presenza di un impedimento al godimento da parte del conduttore; anzi paradossalmente si è verificato indirettamente un uso più intenso dell'immobile in ragione della forzata quarantena. Dunque non si intravedono ragioni per mettere in dubbio la permanenza delle obbligazioni contrattuali in capo alle parti.
Per rispondere alla domanda sopra posta occorre partire dalle obbligazioni principali delle parti del contratto di locazione, che sono indicate dagli articoli 1575 e 1587 c.c.
Il locatore deve:
a) consegnare al conduttore la cosa locata in buono stato di manutenzione;
b) mantenerla in stato da servire all'uso convenuto.
Il conduttore deve:
a) prendere in consegna la cosa e osservare la diligenza del buon padre di famiglia nel servirsene per l'uso determinato nel contratto e
b) pagare il corrispettivo nei termini convenuti.
Nella situazione attuale il locatore che ha consegnato l'immobile in buono stato e adatto all'uso è pertanto adempiente alle proprie obbligazioni.
L’immobile locato, sebbene non accessibile a lavoratori e al pubblico, permane nell’esclusiva disponibilità del conduttore, che tra l'altro ivi custodisce beni e mezzi di produzione.
Vi può accedere, svolgervi alcune attività, eseguirvi lavori di manutenzione ordinaria etc.
Ma, si obietta, non può svolgere l'attività per cui è stato stipulato il contratto.
Detta impossibilità – è bene precisarlo – non è imputabile a nessuna delle parti ma è dovuta ad una decisione governativa imposta da un'emergenza straordinaria di tutela della salute. Né il conduttore né tantomeno il locatore hanno, dunque, colpe.
Vi sono dunque motivi per cui il proprietario, che è adempiente, dovrebbe rinunciare al canone pattuito tenendo conto che
(i) i divieti di esercizio delle attività produttive e commerciali imposti dai provvedimenti governativi delle ultime settimane non incidono in alcun modo sulla prestazione principale del locatore, che consiste nel mettere a disposizione del conduttore locali idonei all’esercizio dell’attività
(ii) nel rapporto locatore-conduttore quest'ultimo è legittimato alla sospensione o riduzione del canone di locazione unicamente in caso di inadempimento del locatore (si veda, tra le altre, Cass. Civ. 27/09/2016 n. 18987 “...La sospensione totale o parziale dell'adempimento dell'obbligazione del conduttore è, difatti, legittima soltanto qualora venga completamente a mancare la controprestazione da parte del locatore, costituendo altrimenti un’alterazione del sinallagma contrattuale che determina uno squilibrio tra le prestazioni delle parti”.
Esistono
istituti giuridici che potrebbero consentire al conduttore di non
pagare il canone?
Dalle prime opinioni emerse si è prospettato il ricorso da parte del conduttore delle eccezioni in tema di impossibilità sopravvenuta dell'obbligazione (art 1256 c.c.) o eccessiva onerosità della prestazione (del pagamento del canone di locazione - art 1456 c.c.).
Ai sensi dell’art. 1256 codice civile “l’obbligazione si estingue quando, per causa non imputabile al debitore, la prestazione diventa impossibile; se l’impossibilità di eseguire la prestazione è solo temporanea il debitore, finché essa perdura, non è responsabile del ritardo nell’adempimento”.
Ma in mancanza di situazioni che rendano la prestazione impossibile, totalmente o parzialmente, il debitore è senz’altro tenuto all’esatto adempimento dell’obbligazione contrattuale (art. 1218 c.c.), esponendosi, in caso contrario, alle legittime azioni di risoluzione contrattuale della controparte (articolo 1223 c.c.).
Senonché nel caso della locazione, la prestazione del cui adempimento si discute è senz’altro quella di pagamento del canone; ma a tal riguardo giova ricordare che la Corte di Cassazione ha più volte ribadito che l’obbligazione pecuniaria è sempre oggettivamente possibile, potendosi configurare solo una impotenza economica del singolo debitore, che non legittima pertanto il ricorso all'istituto in questione.
In tema di ececssiva onesorità sopravvenuta della prestazione, a mente dell'articolo 1467 codice civile la parte obbligata, per la quale l’adempimento diventi eccessivamente gravoso, può domandare la risoluzione del contratto. La controparte contrattuale può evitare la risoluzione proponendo di modificare le condizioni dell’accordo (intervenendo sulla propria prestazione o su quella di controparte) in modo da ristabilire l’equilibrio del rapporto.
Il ricorrere della eccessiva onerosità sopravvenuta richiede però la prova rigorosa del fatto che l’evento sopravvenuto ha “determinato una sostanziale alterazione delle condizioni del negozio originariamente convenuto tra le parti e della riconducibilità di tale alterazione a circostanze assolutamente imprevedibili”(Tribunale di Milano Sez. Imprese sentenza 03/07/2014 n. 8878).
Anche in questi casi è pertanto necessario che sussista una eccessiva onerosità oggettiva della prestazione originariamente convenuta, non è invece sufficiente la mera difficoltà economica (soggettiva dunque) della parte tenuta all’adempimento.
Dunque, alle suindicate condizioni, nel contesto attuale ritengo si possa intravedere lo spazio per il conduttore per risolvere il rapporto (ex art 1464 cc. ma alle condizioni sueposte) ma non per mantenerlo in essere e sospendere o ridursi unilateralmente la prestazione ricorrendo alla impossibilità oggettiva della prestazione.
Per ragioni di completezza va segnalato che nell’estrema ipotesi in cui si volesse o dovesse sciogliere il vincolo contrattuale, il conduttore potrebbe recedere dal contratto di locazione invocando i gravi motivi ai sensi dell’articolo 27 della Legge 392/1978, comunque dando al locatore il preavviso di sei mesi.
Sul punto, in materia di locazione non abitativa esiste giurisprudenza anche recente che conforterebbe la possibilità di invocare i gravi motivi che legittimano il recesso anche nell’attuale situazione di emergenza sanitaria, tenuto conto dei provvedimenti di contenimento adottati e delle loro drammatiche conseguenze per molte attività commerciali (si veda Cass. Civ. n.23639/2019 che ha considerato legittimo motivo di recesso la “gravità della crisi economica determinatasi in relazione alla collocazione geografica dell'attività commerciale svolta all’interno dell’immobile locato”).
Inquadrati gli istituti giuridici teoricamente invocabili, alla luce delle considerazioni che precedono, a mio parere il conduttore NON è legittimato a invocare l’impossibilità sopravvenuta e/o l’eccessiva onerosità dell’obbligazione, per sospendere o ridurre uilateralmente il pagamento del canone di locazione.
Nè potrebbe, a parer di chi scrive, far leva – per sottarsi unilateralmente al pagamento del canone - sulla disposizione di cui all’art. 91 co.1 del D.L. 17 marzo 2020, n. 18 (c.d. Decreto Cura Italia) che prevede espressamente: “il rispetto delle misure di contenimento di cui presente decreto è sempre valutata ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli artt. 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti”.
Richiamando gli artt 1218 e 1223 c.c., consentendo al giudice di non applicarli soltanto in caso di inadempimenti derivanti dal rispetto della misure di contenimento, non sembra derogare al summenzionato principio, atteso che, anche nell’attuale situazione emergenziale, i pagamenti sono sempre materialmente possibili grazie all’impiego di strumenti elettronici o telematici, mentre, sotto il profilo finanziario, la carenza di liquidità da parte del debitore non può considerarsi l’imprescindibile e generalizzata conseguenza del rispetto delle regole precauzionali.
In buona sostanza, se il legislatore avesse voluto attribuire ai debitori una moratoria, a discapito degli interessi creditori, lo avrebbe dovuto stabilire espressamente, non potendo raggiungere questo fine semplicemente tramite l’imposizione al giudice di tenere in considerazione l’osservanza delle norme emergenziali ai fini di valutare la sussistenza della responsabilità contrattuale.
Valga considerare che lo stesso Decreto Cura Italia, all’articolo 65, prevedendo a favore del conduttore un credito d’imposta per l’anno 2020 pari al 60% del canone di locazione relativo al mese di marzo 2020 per l’affitto degli immobili rientranti nella categoria catastale C/1 (botteghe e negozi), presuppone che non sia legislativamente previsto alcun diritto alla sospensione o riduzione del canone, che resta da pagare, regolarmente.
Qualsiasi iniziativa unilaterale del conduttore in tal senso ritengo sarebbe illegittima e costituirebbe un vero e proprio inadempimento contrattuale.
Quanto detto non esclude naturalmente che le parti possano liberamente concordare, in ragione degli effetti della sospensione dell’attività sul fatturato dell’impresa, sospensioni, riduzioni o posticipazioni del pagamento del canone, rinegoziando modalità e termini dell’adempimento.
Salvo eventuali future misure di diversa portata, la ricerca di un accordo con il locatore è certamente la soluzione più convincente oltre ad essere senz’altro quella giuridicamente più corretta, considerata l’eccezionalità degli eventi e della situazione che ci troviamo a vivere e tenuto conto delle norme del codice civile che nell’obbligare le parti a comportarsi con correttezza (art. 1175) e buona fede, anche nella fase esecutiva del contratto (art. 1375), impongono alle stesse di calibrare le rispettive aspettative e pretese contestualizzandole, in particolare, nell’inedito scenario attuale.
STUDIO LEGALE SPADA
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