DOPO IL COVID LA GUERRA: RIFLESSI SULLA STABILITA' DEI CONTRATTI
                                                     20 ottobre 2022  

L’aumento del prezzo dell’energia oltre le ordinarie oscillazioni, dovuto alla generale crisi economica finanziaria ed al conflitto bellico in atto in Europa costituisce evento straordinario ed imprevedibile che giustifica, ove incida notevolmente sull’equilibrio delle prestazioni contrattuale, l’adozione del rimedio risolutorio previsto dall’articolo 1467 del codice civile. Qualora sussistano i presupposti per la domanda di risoluzione per eccessiva onerosità, deve essere data la possibilità alla parte che subisce lo svantaggio del protrarsi dell’esecuzione del rapporto, alle originarie condizioni, di rinegoziarne il contenuto, in base al dovere generale di buona fede e correttezza oggettiva nella fase esecutiva del contratto, fonte di integrazione della sua regolamentazione. Anche in ambito di procedimento cautelare l’effettività del comando può essere rafforzata attraverso l’applicazione di misure di coercizione indiretta, come previsto dall’articolo 614 bis del codice di procedura civile. A stabilirlo è il Tribunale di Arezzo con ordinanza del 22 giugno 2022.

Dopo un lungo periodo caratterizzato dalla incidenza del Covid sulla loro sorte, in specie con riguardo a quelli relativi a locazioni di immobili destinati all’esercizio di attività commerciali che in forza dei provvedimenti emanati dalle autorità governative sono rimasti chiusi per lunghi periodi, dando vita ad innumerevoli approdi in sede di dottrina ed eterogenee decisioni in sede di merito, ecco affacciarsi una nuova emergenza a condizionare la sorte dei contratti commerciali in corso di esecuzione.

Il riferimento è all’improvviso rincaro del prezzo dell’energia determinato dalla riduzione delle forniture di gas da parte della Russia, quale ritorsione alle sanzioni applicate da parte della Unione Europea in ragione dell’invasione dell’Ucraina, evento che incide pesantemente non solo sui bilanci familiari dei comuni cittadini, ma anche sui costi di gestione delle attività industriali che di tale risorsa fanno uso massivo.

Il provvedimento, in linea con il dettato normativo, precisa espressamente che la mera variazione dei costi delle materie prime non vale di per sé a giustificare la domanda di risoluzione per eccessiva onerosità, essendo necessario che essa superi l’ambito della normale alea contrattuale, ma rileva che nel caso di specie “… avendo l’energia elettrica raggiunto dei costi non prevedibili e superiori rispetto alle normali oscillazioni di mercato in ragione della crisi economica e finanziaria, alla quale si è aggiunto il conflitto bellico in atto in Europa” si è integrata quella ipotesi in cui lo squilibrio sinallagmatico dipende da “abnormi cause di natura economica e finanziaria, di carattere generale o particolare, che incidano sui prezzi stessi in maniera straordinaria e imprevedibile”, oltretutto destinata a perdurare nel tempo ed, anzi, ad aggravarsi con il passare di esso.

Il giudice, richiamando recenti precedenti dei Tribunali di Roma e Milano, ha inoltre evidenziato che alla parte che risulta svantaggiata dal mutato quadro economico per fatti quali quelli in esame deve essere riconosciuta la possibilità di rinegoziare il contenuto del rapporto contrattuale, e che la controparte è tenuta a cooperare nella trattativa, “in base al dovere generale di buona fede e correttezza oggettiva nella fase successiva alla stipula del contratto e quale fonte di integrazione contrattuale”.

Appare opportuno precisare, in merito, che la parte che subisce l’eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione può solo agire in giudizio per la risoluzione del contratto ai sensi dell’articolo 1467, comma 1, c.c., ma non ha diritto ad ottenere l’equa rettifica delle condizioni contrattuali, che può essere invocata dal convenuto, ai sensi dell’ultimo comma, in quanto il contraente a carico del quale si verifica l’eccessiva onerosità della prestazione non può pretendere che l’altro accetti l’adempimento a condizioni diverse da quelle pattuite (Cass. n. 2047/2018).