A distanza di pochi mesi della entrata in vigore della Riforma Cartabia in materia di famiglia si registrano le prime difformità nei provvedimenti adottati dai giudici di merito.
Ci si riferisce, in particolare, ad una delle novità più significative introdotte dalla recente riforma, vale a dire la facoltà riconosciuta ai coniugi di cumulare in un unico ricorso le domande di separazione e divorzio.
L’art. 473-bis.49 c.p.c., rubricato “Cumulo di domande di separazione e scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio” prevede che, nel procedimento contenzioso di separazione personale dei coniugi, le parti possano già formulare domanda di divorzio.
La norma tuttavia non prevede espressamente che tale cumulo di domande sia possibile anche nel caso di procedimento di separazione consensuale a domanda congiunta.
Alcuni interpreti, commentando la riforma legislativa, avevano ritenuto tale silenzio della norma coerente con il consolidato principio giurisprudenziale, secondo cui è affetto da nullità, per illiceità della causa, ogni accordo concluso in sede di separazione in vista del futuro divorzio, in quanto patti di natura economica conclusi in sede di separazione potrebbero condizionare il consenso al successivo divorzio, andando così ad incidere su un diritto indisponibile qual è quello sullo status, in violazione dell’art. 160 c.c.
Al contrario, vi è chi sostiene la possibilità del cumulo delle domande congiunte di status, sulla base di un’interpretazione estensiva dell’art. 473-bis.49 c.p.c., basata sulla ratio della riforma tesa a realizzare economie processuali, considerata la perfetta sovrapponibilità di molte delle domande consequenziali che vengono proposte nei due giudizi (affidamento dei figli, assegnazione della casa familiare, determinazione del contributo al mantenimento della prole) e, pur nella diversità della domanda, la analogia degli accertamenti istruttori da compiere ad altri fini (si pensi alle domande di contributo economico in favore del coniuge e di assegno divorzile per l’ex coniuge), con considerevole risparmio di tempo e di energie processuali.
Non si comprende perché tale vantaggio processuale debba ritenersi limitato ai soli procedimenti contenziosi, con esclusione di quelli su domanda congiunta.
Come era facilmente prevedibile le prime pronunce dei giudici di merito si sono attestate su posizioni tra loro divergenti.
Il Tribunale di Milano ed il Tribunale di Firenze hanno infatti diversamente statuito in ordine alla possibilità di presentare contestualmente ricorso per per separazione consensuale e per divorzio congiunto.
Il Tribunale di Milano, con sentenza del 05.05.2023 ha ritenuto il cumulo di domande applicabile anche al caso di domande di separazione consensuale e divorzio congiunto, precisando che le parti dovranno anche confermare le condizioni già formulate con riferimento alla cessazione degli effetti civili del matrimonio.
Dello stesso orientamento il Tribunale di Genova, il Tribunale di Vercelli, quello di Rovigo (31.03.2023), di Modena (27.02.2023) e di Bolzano (21.04.2023),
Tale interpretazione, accanto all’effetto di economia processuale, determina un innegabile effetto sul tema della validità dei patti in vista del divorzio.
Di diverso orientamento il Tribunale di Firenze che ha rilevato d’ufficio l’inammissibilità di un ricorso contestuale di separazione consensuale e divorzio congiunto; ha omologato con sentenza solo la separazione consensuale alle condizioni di cui al ricorso, dichiarando improponibile la domanda di divorzio, rilevando come la possibilità del cumulo di domande sia riservata dalla legge esclusivamente alle ipotesi di esistenza di contenzioso tra le parti.
Dello stesso orientamento del Tribunale fiorentino il Tribunale di Bari (06.04.2023) e il tribunale di Padova (07.04.2023).
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