24 giugno 2020

Chi rinuncia all'assegno di divorzio non può chiedere la quota di TFR all'ex coniuge                                                

L'art 12-bis della legge sul divorzio (legge 898/1970) prevede che l'ex coniuge, ossia colui che abbia ottenuto la sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, ha diritto a ricevere una percentuale del trattamento di fine rapporto percepita dall'altro coniuge.

La succitata disposizione individua quali siano le condizioni necessarie affinché possa essere riconosciuto tale diritto.

Nello specifico, il coniuge non deve essere convolato a nuove nozze e deve essere titolare di un assegno divorzile. Si chiarisce altresì che la quota spettante è pari al 40% dell'indennità totale, con riferimento agli anni in cui il rapporto di lavoro sia coinciso con il matrimonio.

L'indennità si considera maturata dal coniuge lavoratore nel momento in cui termina il proprio rapporto di lavoro e, per riconoscerne una quota in capo all'ex coniuge, ciò deve avvenire successivamente alla data di presentazione della domanda introduttiva del giudizio di divorzio.

L'attribuzione della quota in capo all'ex coniuge abbisogna altresì del riconoscimento in concreto della spettanza dell'assegno divorzile, dovendosi attendere quanto meno il passaggio in giudicato del relativo provvedimento. 

 La Cassazione nell'ordinanza 12056/2020 sancisce il sintetico principio secondo cui, chi rinuncia all'assegno di divorzio non può vantare pretesa alcuna sul Tfr dell'ex coniuge.

Giova precisare che l'assegno di divorzio normalmente viene corrisposto mensilmente; ma è possibile accordarsi affinchè venga erogato in un'unica soluzione (c.d. una tantum), con l'attribuzione di beni specifici (case, fondi, titoli, automobili, ecc.). 

Nel momento in cui il coniuge più debole decide di accettare l'assegno divorzile in un'unica soluzione deve essere consapevole delle conseguenze positive e negative che derivano da questa scelta. L'assegno una tantum ha il vantaggio di porre fine ai rapporti economici tra coniugi, che quindi restano legati solo se hanno avuto figli. L'assegno in unica soluzione produce infatti un effetto tombale. Chi lo accetta non può avanzare in futuro ulteriori richieste economiche (aumento dell'assegno, quote TFR, quote pensione reversibilità e somme a carico dell'eredità)

Chi lo versa non può chiedere la riduzione dell'importo o avanzare domanda di restituzione delle somme concordate e stigmatizzate nella sentenza di divorzio.