12 giugno 2020

L'addebito della separazione.                                                 

Una recente ordinanza della Cassazione (n. 12241/2020) ha affrontato nuovamente la questione dell'abbandono del tetto coniugale da parte di un coniuge e le conseguenze di tale scelta sulla richiesta di addebito della separazione.
Premesso che costituisce condizione necessaria e sufficiente per la pronuncia della separazione giudiziale il dato oggettivo dell'intollerabilità della prosecuzione del rapporto, uno dei due coniugi ha la facoltà di chiedere al giudice di accertare che la crisi è stata determinata dal comportamento dell'altro al quale dunque va "addebitata" la separazione

Innanzitutto, va detto che l’addebito non viene dichiarato d’ufficio dal giudice della separazione, ma deve essere richiesto dal coniuge interessato a far valere la responsabilità dell’altro coniuge per la fine del matrimonio.  Il comportamento che determina il sorgere della responsabilità deve consistere nella violazione di uno o più doveri coniugali sanciti dall'art. 143 c.c. (di fedeltà reciproca, di coabitazione, di collaborazione nell’interesse della famiglia, assistenza morale e materiale). L’addebito non può essere chiesto né dichiarato in un accordo di separazione consensuale, questo perché una responsabilità può essere accertata da un giudice ma non stabilita di comune accordo tra marito e moglie. L’infedeltà è il caso più eclatante ma l’addebito può giustificarsi anche in altri casi; per esempio, quando il marito o la moglie lascia ingiustificatamente la casa coniugale senza rientrarvi (è il cd. abbandono del tetto coniugale), caso affrontato dalla Cassazione nella pronuncia sopra citata.

Secondo quanto affermato da costante giurisprudenza, tuttavia, ai fini dell'addebitabilità in capo ad un solo coniuge, è necessario che la violazione di uno dei doveri coniugali sia stata la causa che ha reso intollerabile la convivenza

Più volte ad esempio i giudici sia dei tribunali che della Cassazione hanno respinto le richieste di addebito avanzate con la domanda di separazione o divorzio perchè si è dimostrato che la convivenza era già divenuta intollerabile o la comunione morale e materiale si era già dissolta nel momento in cui un coniuge ha tradito l'altro o a abbandonato il tetto coniugale. Dunque è stato dato rilievo al fattore temporale: anche in caso di tradimento l'addebito della separazione è possibile solo se l'infedeltà è stata la causa della crisi coniugale e non il suo effetto.
Le conseguenze dell'addebito della separazione sono prevalentemente di carattere patrimoniale.

Il coniuge cui è stata addebitata alla separazione perde infatti il diritto a ricevere un eventuale assegno di mantenimento conservando però il diritto agli alimenti sempre che ne sussistano i presupposti.

Rilevanti inoltre sono gli effetti della pronuncia di addebito della separazione in ambito successorio. Il coniuge separato con addebito, infatti, perde i diritti di successione inerenti allo stato coniugale.  Altro effetto dell'addebito della separazione è la perdita del diritto alla pensione di reversibilità e alle altre indennità e prestazioni previdenziali riconosciute al coniuge defunto. 

Un'altra conseguenza possibile e rilevante dell'addebito è il diritto al risarcimento del danno, o, per meglio dire, la possibilità di chiedere, con un giudizio a parte, il risarcimento del danno non patrimoniale (morale, esistenziale, biologico) e altresì del danno patrimoniale che il comportamento di un coniuge abbia causato a carico dell’altro.