Conformità urbanistica ed edilizia. Quali tutele per l'acquirente di immobile                                                                           20 luglio 2022  

Può accadere che dopo aver acquistato un immobile si scoprano vizi occulti e soprattutto delle difformità, più o meno gravi, che incidono sulla conformità urbanistica o sulla regolarità edilizia e creano non pochi problemi e costi all’acquirente fino a giungere alla nullità assoluta dello stesso atto di acquisto.

In questi casi oltre chi può essere responsabile nei confronti dell'acquirente oltre al venditore ? L’agente immobiliare? Il notaio? La banca nel caso sia stato concesso il mutuo?

Per tentare di rispondere al quesito si consideri quanto segue.

L’agente immobiliare (che se intervenuto nell'operazione in assistenza al compratore avrà già percepito il suo compenso visto che il diritto alla provvigione matura nel momento cui si perfeziona un vincolo obbligatorio, cioè all'accettazione della proposta o con la stipula del preliminare) si ritiene generalmente che abbia solo il compito di mettere in contatto venditore e acquirente ma non di verificare se l’immobile era “regolare” (a meno che tale compito non sia stato previsto espressamente nell'incarico) .

Invero, quanto alla responsabilità contrattuale dell’agente immobiliare è pacifico che costui ha l’obbligo di fornire alle parti una corretta informazione sull’affare secondo buona fede e con la diligenza richiesta dalla sua qualifica professionale.

Come correttamente osservato dalla Cassazione “in tema di compravendita immobiliare, il mediatore che abbia fornito alla parte interessata alla conclusione dell’affare informazioni sulla regolarità urbanistica dell’immobile, omettendo di controllare la veridicità di quelle ricevute … non ha assolto l’obbligo di corretta informazione in base al criterio della media diligenza professionale, che comprende non solo l’obbligo di comunicare le circostanze note (o conoscibili secondo la comune diligenza) al professionista, ma anche il divieto di fornire quelle sulle quali non abbia consapevolezza e che non abbia controllato, sicché è responsabile per i danni sofferti dal cliente” (Cass. civ. Sez. II, Sent., 16-09-2015, n. 18140).

Il notaio negherà ogni sua responsabilità in quanto vi dirà che il suo unico obbligo è quello di riportare nell’atto la dichiarazione di parte venditrice sulla regolarità urbanistica e sulla conformità catastale (il numero della licenza o la dichiarazione che l’immobile è stato costruito anteriormente al 1967 e che nello stesso non sono stati eseguiti successivamente lavori che necessitano di licenza o autorizzazione …) avvertendo delle conseguenze penali in caso di dichiarazioni mendaci, ma non quello di verificare che le dette dichiarazioni siano vere e mai e poi mai ad esempio di chiedere al venditore una copia della licenza edilizia con i relativi grafici così da verificare che Vi sia corrispondenza con la planimetria catastale.

Se è vero che la legge sembra apparentemente limitare gli obblighi del notaio a raccogliere le dichiarazioni delle parti per fortuna la giurisprudenza sembra aver aperto uno spiraglio nella “irresponsabilità” del notaio.

Il notaio è tenuto, nel quadro dell’obbligazione assunta, non solo a rogare un atto valido, ma  “anche in forza di quei doveri di protezione che il principio della buona fede impone nell’ambito dei rapporti obbligatori, a rendere edotto e, quindi, ad avvisare il cliente che l’atto che gli si chiede di rogare non potrà assicurare taluno degli effetti che, secondo la volontà delle parti concludenti, il negozio dovrebbe produrre.” (Cass. civile, sez. III 21 Giugno 2012 n° 10296)

Pertanto, nel caso di atto nullo o annullabile il notaio ne risponde oltre che per violazione del suo obbligo di diligenza professionale qualificata, anche per violazione della clausola generale della buona fede oggettiva o correttezza, ex art. 1175 c.c., quale criterio determinativo ed integrativo della prestazione contrattuale, che impone al notaio il compimento di quanto utile e necessario alla salvaguardia degli interessi del cliente.

Peraltro anche le norme deontologiche tendono ad allargare la responsabilità del notaio.

La responsabilità della Banca mutuante

La banca normalmente si difende sostenendo in tali casi che il finanziamento non è stato erogato per acquistare l'immobile. O meglio che il mutuo non è un contratto di scopo per cui anche se il contratto di vendita è nullo (per effetto delle irregolarità urbanistiche e/o edilizie) il cliente deve comunque rimborsare il finanziamento.

Ed ancora osserverà che il perito della banca doveva solo stimare il bene, ma non verificare se lo stesso presentasse vizi (come se la regolarità urbanistica non incidesse sul valore dell’immobile).

Effettivamente esiste un orientamento giurisprudenziale che esclude il collegamento tra il contratto di compravendita e il mutuo fondiario, non essendo questo nella sua forma tipica ex art. 1813 c.c. un mutuo di scopo, non risultando per la relativa validità previsto che la somma erogata dall’istituto mutuante debba essere necessariamente destinata a una specifica finalità che il mutuatario sia tenuto a perseguire.

Ma questa affermazione non ha valore assoluto, non discendendo automaticamente dal nomen iuris dato dalle parti, ma va verificata nel caso concreto in relazione alla volontà delle parti per come desumibile dal loro comportamento e dalle clausole contrattuali.

Invero “I principi di buona fede e di correttezza, per la loro ormai acquisita costituzionalizzazione in rapporto all’inderogabile dovere di solidarietà di cui all’art. 2 Cost., costituiscono un canone oggettivo ed una clausola generale che non attiene soltanto al rapporto obbligatorio e contrattuale, ma che si pone come limite all’agire processuale nei suoi diversi profili. Il criterio della buona fede costituisce, quindi, strumento, per il giudice, atto a controllare, non solo lo statuto negoziale nelle sue varie fasi, in funzione di garanzia del giusto equilibrio degli opposti interessi, ma anche a prevenire forme di abuso della tutela giurisdizionale latamente considerata, indipendentemente dalla tipologia della domanda concretamente azionata (v. ad es. Cass. 22.12.2011 n. 28286; Cass. 3.12.2008 n. 28719; Cass. 11.6.2008 n. 15476;).

In conclusione la violazione del dovere di protezione dell’altro contraente può dar luogo ad una responsabilità contrattuale della Banca.